I MONUMENTI ARCHEOLOGICI DEL TERRITORIO DI ARZACHENA
di Angela Antona
1. Inquadramento 2. La necropoli di Li Muri 3. Macciunitta
1. Inquadramento
Il patrimonio archeologico della zona di Arzachena può essere considerato fra i più interessanti della Sardegna, sia per la densità dei monumenti in relazione all’estensione del territorio comunale, sia per la loro varietà (circoli funerari e cultuali, ripari sotto roccia, tafoni funerari, dolmen, nuraghi, muraglie megalitiche e villaggi fortificati, tempietti nuragici), sia per l’abbondanza di dati scientifici che gli scavi in essi effettuati a partire dal 1939 hanno riservato agli archeologi, proponendo nuove problematiche per la conoscenza della preistoria sarda in generale e di quella gallurese in particolare. La scoperta dei principali monumenti sinora noti si deve all’intuito di un benemerito cittadino di Arzachena, Michele Ruzittu (1871-1960), un maestro elementare meglio noto fra i suoi concittadini col bonario nome di Babboi Micáli. Questi, fecondo di iniziative di carattere civile e politico a favore dell’autonomia comunale del paese natio, fu anche autore di una appassionata e a tratti fantasiosa “Cronistoria di Arzachena".
Fig. 1 Circoli funerari di Li Muri in una foto di scavo.
Dall’età della pietra ai nostri giorni” (Oristano, 1948), un’opera scritta – come l’autore stesso dice –“con caldo sentimento patrio”. Fu lo stesso sentimento che lo spinse, fra i sessanta ed i settantanni, a dedicarsi “alle ricerche ed allo studio meticoloso di monumenti d’antichità remote nel territorio del Comune risorto” con l’intento di “far risalire l’importanza della regione in tutti i tempi della storia e della preistoria”. Il proseguimento delle ricerche e degli scavi scientifici effettuati fin dal 1940 dalla Soprintendenza alle Antichità della Sardegna, intensificati dopo l’istituzione della Soprintendenza Archeologica per le Provincie di Sassari e Nuoro, hanno offerto una serie di testimonianze attestanti una successione culturale che partendo dal Neolitico Recente giunge ad abbracciare l’età romana avanzata.
Il Neolitico Medio e Recente è documentato sia nel suo aspetto civile (Monte Incappiddatu, Pilastru) che in quello funerario (Tombe a circolo di Li Muri e La Macciunitta, dolmen d Li Casacci Ecchj), mentre i numerosi nuraghi, i villaggi, le tombe di giganti, le aree fortificate di Monte Mazzolu, Monte Tiana, Punta Candela, queste ultimr ubicate su alture ricche dei tipici tafoni abitativi e funerari, attestano lo sviluppo della cività nuragica con aspetti peculiari del territorio gallurese.
Molto labili sono fino ad ora gli indizi di età punica, limitati appena al rinvenimento, nella tomba di giganti di Moru, di una piccola stele che reca inciso un daleth, e di una moneta con testa di Tanit e protome equina (300 - 264 a.C.). Le testimonianze di età romana delle quali si dispone fino ad oggi non sono ancora sufficienti per l’individuazione del sito di Turobole Minore (o Turibulo Minore), una stazione indicata nell’ltinerarium Antoninianum (III sec. d.C.) a XIV miglia romane da Olbia, e che alcuni studiosi, proponendo la ricostruzione di un tracciato costiero della strada, ritengono dovesse essere ubicata nel golfo di Arzachena. Peraltro, tracce della viabilità romana si conservano anche in diversi siti della Gallura, come Calangianus, Tempio, Santa Teresa e, naturalmente, Olbia. La presenza dell’attributo “minor” ha fatto ipotizzare, per converso, l’esistenza mai provata di Turobole Majore (o Turibulo Majore), mentre siti come Viniola, Tibula, Longonis, sono documentati storicamente.
Fig. 2 Circoli funerari di Li Muri: planimetria.
2. La necropoli di Li Muri
Tra i monumenti archeologici di Arzachena, la necropoli tardo neolitica di Li Muri rappresenta il complesso più noto. Fu infatti la singolarità dei sepolcri che la compongono a far ritenere che si dovesse ravvisare in essi il segno di una cultura peculiare alla quale fu data, appunto, la denominazione di “cultura dei circoli megalitici” o “di Arzachena” o “cultura gallurese”. In questa regione, in effetti, i circoli tombali con cista litica trovano una particolare concentrazione, ma l’approfondimento delle ricerche rende oggi più categorici nel considerare la così detta “cultura dei circoli” come un fenomeno contemporaneo a quello di San Ciriaco, che ha preceduto la cultura di Ozieri.
La necropoli di Li Muri, scoperta nel 1939 da Michele Ruzittu, venne scavata per conto della Soprintendenza alle Antichità della Sardegna da Francesco Soldati, studiata e pubblicata nel 1941 da Salvatore Maria Puglisi. Essa si compone di una serie di ciste dolmeniche – ossia piccole celleper la sepoltura costituite da lastre infisse a coltello ed una di copertura – ciascuna contornata da una serie cerchi concentrici di pietre, compresi all'interno di un circolo di lastrine verticali. Questi avevano la funzione di contenere, evitandone per quanto possibile il dilavamento, un tumulo di terra e pietrisco che doveva ricoprire il piccolo sepolcro. In questa ipotesi, la necropoli nella sua completezza doveva apparire composta da un insieme di piccole collinette circolari, tangenti fra di loro, di diametro variabile da m. 5,30 a m. 8,50.
Fig. 3 Circoli funerari di Li Muri.
Nel circolo più esterno di ogni sepolcro si sono rinvenuti i resti di un menhir – ossia di un cippo di pietra che riveste valore sacrale – che, in mancanza di dati certi, si presta a diverse interpretazioni: esso aveva forse valore di “betilo” (dall’ebraico beth-el), ossia di “sede del dio” che proteggeva i morti; oppure potrebbe aver rappresentato un contrassegno dei defunti, recando magari simboli dipinti sulle superfici. Fra le diverse interpretazioni è stato proposto dalla Castaldi anche un richiamo all’esperienza etnologica: secondo una credenza diffusa presso vari popoli, lo spirito del defunto, appena spirato, si aggirerebbe attorno alle proprie spoglie cercando di capire la sua nuova essenza. In questa ipotesi il cippo poteva costituire il rifugio per quello spirito.
Fig. 4 Circoli funerari di Li Muri.
Oltre ai menhir, sarebbero legate al culto dei morti le tre piccole cassette di pietra (m. 0,40 x 0,50) situate in prossimità dei punti di tangenza dei circoli funerari, che dovevano accogliere periodiche offerte per i defunti. Non è escluso che tali offerte potessero consistere in cibi, magari deposti in contenitori di materiale deperibile quale il legno, come ha fatto pensare l’averle ritrovate assolutamente vuote. Purtroppo l’acidità del terreno granitico non ha consentito neppure che arrivassero fino a noi i resti scheletrici degli inumati delle ciste funerarie, sufficienti per uno studio antropologico; si sono infatti rinvenuti solo pochi frammenti disfatti di ossa lunghe. Questa situazione non ha quindi consentito di stabilire il tipo umano cui apparteneva il gruppo di Li Muri, né il numero degli individui deposti in ogni sepolcro. È stato ipotizzato che si trattasse di sepolture singole, impressione che scaturisce soprattutto dalle dimensioni delle ciste. Non si può neppure escludere, tuttavia, che un sepolcro potesse anche accogliere più individui, soprattutto considerato il fatto che nulla si conosce del rituale di sepoltura.
Fig. 5 Circoli
funerari di Li
Muri: pomi sferoidi
in steatite
verde e azzurra,
dalla Tomba IV.
Non sappiamo se venisse sepolto il corpo nella sua completezza (cioè in deposizione primaria) o se venissero deposte nella cista i soli resti scheletrici dopo la scarnificazione (cioè in deposizione secondaria). Il rinvenimento nelle tombe di ciottoli con residui di ocra rossa ha fatto anche ipotizzare che questa potesse essere utilizzata per dipingere i corpi dei defunti: il rosso è infatti il colore del sangue e della rigenerazione; il suo uso nelle tombe neolitiche sarde è ampiamente documentato. Di particolare importanza sono gli oggetti che componevano i corredi che accompagnavano i defunti nei sepolcri. Vi si sono rinvenuti raffinati manufatti in pietra caratterizzati da effetti di lavorazione particolarmente accurata: una coppetta di steatite con due anse a rocchetto pieno e fondo ad anello in rilievo; finissime lame in selce, accette triangolari in pietra dura levigata, pomi sferoidi forati, di funzione incerta, ipoteticamente ritenuti armi da offesa per il combattimento ravvicinato o insegne di comando; infine una serie numerosadi grani di collana in steatite a forma di piccole olive, altri sferici e discoidali.
Fig. 6 Circolo funerario di Macciunitta.
Si sono inoltre rinvenuti minuti frammenti di manufatti in ceramica d’impasto, privi di ornamentazione. Fra tutti gli oggetti descritti, merita particolare attenzione la coppetta di steatite poiché trova puntuali confronti in simili esemplari di pietra da Creta, isola dalla quale ne è stata ipotizzata l’importazione in Sardegna attraverso attività di scambio. Richiami extrainsulari sono offerti anche dai pomi sferoidi, essendo questi oggetti noti a Creta ed in Anatolia, nonché nella penisola italiana, in quella iberica ed in Francia. In Sardegna il largo uso degli oggetti in pietra è presente nell’ambito del Neolitico Medio e Recente.
Per quanto concerne l’architettura, i confronti più vicini per la necropoli di Li Muri corrono verso la Corsica, dove le tombe a “coffres” di Tivolaggiu (Porto Vecchio), di Vasacciu e di Monte Rotundu (Sotta), di Caleca (Levì), che hanno restituito corredi ricchi di manufatti in ossidiana sarda e di altri oggetti di pietra, confermano lo stretto rapporto esistente tra la Gallura ed il meridione corso fra la fine del IV e gli inizi del 111 millennio. Se da un lato i resti di Li Muri nel loro insieme consentono di inserire il fenomeno culturale dei circoli nell’ambito di una circolazione di beni e di idee di ampio respiro, dall’altro, i dati materiali non son~ sufficienti per tracciare un quadro dell’economia e della società. Non conosciamo neppure le abitazioni del gruppo gallurese in questione; è stato ipotizzato che fossero rappresentate dai numerosi tafoni presenti nei monti circostanti. In proposito, va detto che recenti scoperte hanno posto nuovi interrogativi, essendo stati identificati a circa m. 600 di distanza in linea d’aria dalla necropoli, in località Pilastru, resti di capanne di un tipo noto nella Cultura di San Ciriaco, ma che hanno restituito ceramiche riferibili alla cultura di Ozieri. Resta dunque da valutare in quale misura questo villaggio possa avere attinenza con la necropoli a circoli. .
3. Macciunitta
Procedendo sulla statale 125 che da Arzachena porta a Palau, ci si immette sulla strada per Bassacutena; si percorrono circa Km. 9 e si incontra sulla sinistra un cancello che reca la scritta della località: Macciunitta. Percorrendo il campo in direzione Ovest si incontra un esempio del tipo monumentale del quale si ha nel territorio di Arzachena una particolare concentrazione: il circolo dolmenico. L’esemplare di Macciunitta è posto al centro di un tumulo terragno artificiale che forma una piccola collina sul campo pianeggiante. La tomba consiste in una serie di lastre infisse a coltello, formanti una cista rettangolare (della quale si conservano soltanto i lati Ovest e Sud) ricoperta da un lastrone che appare, oggi, ribaltato verticalmente; è contornata da un dopio anello di pietre (diametro m 11) che aveva la funzione di contenere l’accumulo di terra e pietrame che doveva ricoprire tutto l’insieme, e del quale si conservano le tracce nella quantità di pietre di piccolo taglio visibili entro i limiti del circolo. Un masso oblungo, di m. 2,50 di altezza, dovrebbe rappresentare il betilo aniconico che in origine doveva esse e eretto ai margini del tumulo. A breve distanza dalla tomba in questione sono visibili le tracce di altri due circoli che sorgevano in posizione tangente a quello sopra descritto.
Fig. 9 Prospetto del
“tafone” di Balaiana di
Luogosanto.
L’affinità fra questo gruppo tombale e quello della necropoli di Li Muri è testimoniata sia dalle caratteristiche strutturali, sia dal materiale culturale rinvenuto nelle due località: oltre ai frammenti di ceramica d’impasto assolutamente privi di decorazioni, e di incerta cronologia, si sono rinvenute un’accetta piatta di giadeite, schegge e lamelle di ossidiana, e numerosi grani di forma allungata e sferica in steatire bianca e verdastra, quarziti e porfidi (fig. 9). Da tutto ciò si evince per il monumento di Macciunitta un’attribuzione cronologica alla fine del V / inizi del IV millennio a.C.. al Neolitico Recente. Nelle rocce dei dintorni si aprono vari tafoni utilizzati come sepolture e che, come il circolo di “tipo B’ situato a pochi metri da quello di “tipo A” prima descritto, hanno restituito frammenti ceramici ritenuti di epoca nuragica.
ANGELA ANTONA
Riproduzione Riservata - rivista e aggiornata dall'autrice nel Maggio 2019 per Curiosando Sardegna Per approfondire "Sardegna Archeologica" vol. 19 Delfino Editore