La Parrocchiale e il santuario dei Santi Cosma e Damiano di Nuchis
A cura di PhD prof Luigi Agus, storico dell'arte, Accademia di Belle Arti di Palermo.
A dominare, su un colle, il piccolo abitato di Nuchis, un tempo comune autonomo e oggi frazione di Tempio Pausania, è un complesso monumentale composto dalla chiesa parrocchiale dedicata alla Pentecoste, dal Santuario dedicato ai Santi medici Cosma e Damiano e dal cimitero con una cappella aperta annessa. Si tratta di edifici di grande interesse,sia per la posizione che occupano, sia perché riportano,nelle loro strutture, le vicissitudini architettoniche degli ultimi cinque secoli dell’Alta Gallura. Con abside orientata a occidente, il santuario dei Santi Cosma e Damiano si presenta oggi con facciata a capanna sormontata da un campanile a vela, portale architravato e finestrone quadrangolare. L’interno ad aula unica è suddiviso in quattro campate da archi ogivali reggenti una volta a sesto ribassato,la prima occupata da una cantoria retta da tre arcate su pilastri, l’ultima dal presbiterio, chiuso sul retro dell’altare da un’abside emiciclica. Il santuario Nuchese fu eretto nel 1529 dopo una pestilenza, restaurato nel 1835, nel 1945 a cura di don Salvatore Lentini – come si legge in una lapide posta sotto la cantoria a sinistra – e nel 1988 a cura della Soprintendenza di Sassari. Alla prima fabbrica cinquecentesca sono pertinenti certamente gli archi ogivali di separazione dell’aula, prossimi a quelli dell’oratorio del Rosario di Tempio o del San Giorgio di Perfugas, mentre risalgono al 1835 l’abside, le volte che coprono le campate e il campanile a vela in facciata. Datano infine al 1945 i dipinti murali che ornano le pareti, eseguiti da Carlo Armanni.
La chiesa parrocchiale, perfettamente orientata, si presenta con una facciata in granito a vista chiusa in alto da un timpano a doppio inflesso, con in basso un portale architravato sormontato da una finestra quadrangolare. L’interno è a navata unica coperta con una volta a botte unghiata, rinforzata da sotto archi che la dividono in tre campate su cui si aprono altrettante cappelle per parte voltate a botte; chiusa in fondo da un presbiterio, lievemente ridotto in larghezza rispetto all’aula, ma ugualmente coperto da una volta a botte unghiata in corrispondenza delle due aperture laterali poste sopra la cornice d’imposta. Sul lato destro, nella seconda cappella, si apre una porta laterale sul cui architrave esterno è incisa la data 1706, relativa forse ad un rimaneggiamento dell’edificio, mentre sull’architrave della finestra in facciata è incisa una scritta forse riferita al costruttore: M.F.M. A.L.O. Sul retro accanto al presbiterio si erge la torre campanaria a canna quadrata divisa in cinque livelli da cornici marcapiano, nel penultimo si aprono quattro fornici centinati occlusi, mentre all’ultimo trova posto la cella campanaria sormontata da una cuspide attorniata da un parapetto.
Sopra il fornice meridionale del quarto livello è un’epigrafe incisa indicante la data e le iniziali del costruttore: IHS 1725 HOC FECIT OP[VS] U. I.; mentre nel davanzale dell’apertura del livello superiore è posta un’altra epigrafe relativa ad un successivo restauro:REST[ITVTVM] 1889P.G. Di questo edificio abbiamo quindi tre date (1706, 1725 e 1889) e una descrizione fatta dal vescovo Cadello del 1745. Da quest’ultima si apprende che le campate erano le stesse di ora,mentre i lati ospitavano altari e non cappelle come oggi. L’ipotesi più probabile è che la fabbrica originale – forse cinquecentesca come il vicino santuario – sia stata trasformata nel 1706 con la costruzione degli archi a tutto sesto che dividono la navata che servivano a sorreggere un tetto a due falde retto a travature lignee come quello del Rosario di Aggius (1727), di Santa Croce di Bortigiadas (1700 circa) e della chiesa di San Giuseppe di Luras (1700-1720), per come sono descritte nella medesima visita settecentesca. Al 1725 risalirebbe invece il campanile, mentre al 1889 i restauri definitivi che hanno comportato anche la realizzazione della volta a botte interna. Particolarmente interessanti sono il settecentesco rivestimento ligneo del fonte battesimale,il Crocifisso ligneo policromato e parzialmente dorato databile al XVI secolo e il dipinto raffigurante la Pentecoste, posto sull’altare maggiore, firmato dal genovese Francesco Costa,pittore che risulta attivo a Cagliari tra il 1808 e il 1812.
Luigi Agus
La chiesa parrocchiale, perfettamente orientata, si presenta con una facciata in granito a vista chiusa in alto da un timpano a doppio inflesso, con in basso un portale architravato sormontato da una finestra quadrangolare. L’interno è a navata unica coperta con una volta a botte unghiata, rinforzata da sotto archi che la dividono in tre campate su cui si aprono altrettante cappelle per parte voltate a botte; chiusa in fondo da un presbiterio, lievemente ridotto in larghezza rispetto all’aula, ma ugualmente coperto da una volta a botte unghiata in corrispondenza delle due aperture laterali poste sopra la cornice d’imposta. Sul lato destro, nella seconda cappella, si apre una porta laterale sul cui architrave esterno è incisa la data 1706, relativa forse ad un rimaneggiamento dell’edificio, mentre sull’architrave della finestra in facciata è incisa una scritta forse riferita al costruttore: M.F.M. A.L.O. Sul retro accanto al presbiterio si erge la torre campanaria a canna quadrata divisa in cinque livelli da cornici marcapiano, nel penultimo si aprono quattro fornici centinati occlusi, mentre all’ultimo trova posto la cella campanaria sormontata da una cuspide attorniata da un parapetto.
Sopra il fornice meridionale del quarto livello è un’epigrafe incisa indicante la data e le iniziali del costruttore: IHS 1725 HOC FECIT OP[VS] U. I.; mentre nel davanzale dell’apertura del livello superiore è posta un’altra epigrafe relativa ad un successivo restauro:REST[ITVTVM] 1889P.G. Di questo edificio abbiamo quindi tre date (1706, 1725 e 1889) e una descrizione fatta dal vescovo Cadello del 1745. Da quest’ultima si apprende che le campate erano le stesse di ora,mentre i lati ospitavano altari e non cappelle come oggi. L’ipotesi più probabile è che la fabbrica originale – forse cinquecentesca come il vicino santuario – sia stata trasformata nel 1706 con la costruzione degli archi a tutto sesto che dividono la navata che servivano a sorreggere un tetto a due falde retto a travature lignee come quello del Rosario di Aggius (1727), di Santa Croce di Bortigiadas (1700 circa) e della chiesa di San Giuseppe di Luras (1700-1720), per come sono descritte nella medesima visita settecentesca. Al 1725 risalirebbe invece il campanile, mentre al 1889 i restauri definitivi che hanno comportato anche la realizzazione della volta a botte interna. Particolarmente interessanti sono il settecentesco rivestimento ligneo del fonte battesimale,il Crocifisso ligneo policromato e parzialmente dorato databile al XVI secolo e il dipinto raffigurante la Pentecoste, posto sull’altare maggiore, firmato dal genovese Francesco Costa,pittore che risulta attivo a Cagliari tra il 1808 e il 1812.
Luigi Agus