LA CONCATTEDRALE DI CASTELSARDO
A cura di PhD prof Luigi Agus, storico dell'arte, Accademia di Belle Arti di Palermo

La chiesa madre castellanese ha una storia molto antica e direttamente legata alla nascita del borgo fortificato di origine genovese, situato su un alto promontorio roccioso lungo la costa settentrionale dell’isola. L’antica parrocchia di Castel Genovese, questo il nome del centro dato dai Doria alla sua fondazione fissata attorno al 1102, mantenne il ruolo di centro religioso del borgo fino al 1448, quando – a seguito della conquista aragonese – lo stesso cambiò nome in Castel Aragonese, per divenire in pochi decenni una città punto di riferimento del territorio. Fu, infatti, allo scorcio del XV secolo che vennero trasferiti dentro le mura una serie di magistrature di governo e con loro anche il capitolo della cattedrale di Ampurias, che nel XVI secolo risultava già in rovina. Fu attorno agli ultimi due decenni del ‘400 infatti, che Ferdinando il Cattolico decise di riordinare le diocesi sarde, modellate a partire dal 1.000 sugli assetti territoriali giudicali; riassetto che ebbe piena attuazione tra il 1503 e il 1506, quando per ultima, la diocesi di Ampurias venne unita a quella di Civita, trasferendo definitivamente la cattedrale presso la chiesa di Sant’Antonio Abate entro le mura. Il primo passo verso questa nuova destinazione dell’antica parrocchia è la commissione del retablo della Vergine da parte di Diego de Guzmán, che nel 1492 ricopriva la carica di Alcalde del castello e il cui stemma nobiliare campeggia nella tavola del San Michele Arcangelo sul dorso dello scudo. L’opera venne certamente terminata entro il novembre di quell’anno dall’anonimo pittore convenzionalmente chiamato Maestro di Castelsardo, visto che proprio in quel mese lo stesso Guzmán fu fatto incarcerare dal viceré a seguito del suo rifiuto di consegnargli le chiavi del castello. La chiesa non subì interventi rilevanti fino al 1597, quando il vescovo Giovanni Sanna decise di ricostruirla in parte al fine di ampliarla, viste le accresciute esigenze diocesane. I lavori dovettero proseguire fino al 1622, anno in cui il vescovo Passamar la consacra. Nel secolo successivo l’edificio subì ulteriori interventi da parte del capomastro sassarese Gavino del Rio (fianco meridionale e navata), che tuttavia non ne modificarono radicalmente la fisionomia, rimasta pressoché invariata fino ad oggi. Attualmente l’edificio si presenta a navata unica divisa in sei campate, su cui si affacciano le cappelle laterali, che si incrocia con un ampio transetto attraverso una volta a crociera costolonata retta da colonne e capitelli figurati. Il fondo è chiuso da un presbiterio non in linea con l’asse della nave e coperto con volta ugualmente a crociera. Oltre il retablo già menzionato (in parte custodito presso il Museo Diocesano, fatta eccezione per la tavola della Vergine, sistemata sull’altare maggiore), la chiesa è molto ricca di arredi di pregio, come l’organo sulla cantoria o gli altari lignei intagliati e dorati delle cappelle laterali, opera dei maestri Francesco Carta e Antonio Sanna (1740 circa).

Brodetto di pesce alla Sperry Ingredienti: 1,5 kg di pesciolini da zuppa anche minutaglia (gronchi, ghiozzetti, cappone, scorfani, muginotti, ecc.) 2 pomodori secchi 3/4 foglie di alloro 5/6 foglie di basilico 1 cipolla 1 ciuffo di prezzemolo 1 cucchiaino di origano 1 bicchiere di Vermentino 1 barattolo di pelati da 1 kg 6/7 cucchiai di olio extravergine rubrica I luoghi della fede a cura di PhD Prof. Luigi Agus Cattedra di Storia dell’Arte Moderna - Accademia di Bella Arti di Sassari “Mario Sironi” Spanciare e squamare il pesce, senza eliminare la testa.In una pentola mettere l’olio con la cipolla tritata, far andare un pochino e aggiungere il pesce. Unire l’origano, l’alloro e il pomodoro secco. Far soffriggere un pochino e aggiungere il vino. Far evaporare e aggiungere i pomodori pelati. Aggiungere l’acqua necessaria (tre litri circa), salare e aggiustare di peperoncino, proseguire la cottura per circa un’oretta (ma dipende dalla dimensione dei pesci), in ogni caso il pesce si deve squagliare. Con il passaverdura passare il pesce (spine e teste comprese), eventualmente utilizzando qualche cucchiaiata di acqua calda se l’operazione diventa difficile. Avremo un brodo denso, scuro e profumatissimo per poter cuocere una fregola o altra pasta. In alternativa, si può servire semplicemente con fette di pane abbrustolito e profumato con un po’ di aglio. rubrica I sapori della Gallura e dell’Anglona a cura di Maria Antonietta Mazzone La concattedrale di Sant’Antonio Abate a Castelsardo Interno della Concattedrale di Castelsardo Maestro
Luigi Agus
Luigi Agus
Tratto da Gallura e Anglona 07