LA PRICUNTA
a cura di Anna Maria Giagheddu - Gallura da Valorizzare
Si ode in lontananza il rumore degli spari che pian piano si avvicina e diventa sempre più forte. È “la palti di l’òmu”, la famiglia del futuro sposo Ghjuanni, che segnala il suo arrivo a chiedere la mano della bella Dorotea. Lei in ansia, nascosta “ill’appusentu”, si gode quel suono che man mano aumenta insieme al ritmo dei suoi battiti che la portano con la mente già al giorno delle sue nozze, quando indosserà quell’abito in seta per recarsi al braccio del padre nella chiesa della sua infanzia per coronare il suo sogno d’amore. Gli spari sono sempre più vicini. In casa, insieme alla luce che entra dalle fessure della porta, riflette il luccichìo delle canne di “li fusìli”. Sbirciando dalla piccola finestra si riescono ad identificare, in lontananza, “li simbréri”, con un movimento alternato di sali-scendi dato dal galoppo dei cavalli che si interrompe arrivati alla “ghjaca manna” quando uno dei cavalieri deve scendere da cavallo per aprire il cancello di ginepro a tutta la compagnia. In casa ci si è accorti benissimo del loro arrivo nella piazza di casa, “lu pastrucciàli”, ma la porticina dello stazzo rimane ancora chiusa per far crescere l’attesa degli ospiti. Intanto si odono delle voci arrivare dall’esterno con voce potente e autoritaria: “Oh li Patroni! Oh li Patroni!” Nessuna risposta dall’interno dello stazzo. La compagnia inizia a spazientire e il contendente a fare qualche pensiero sul possibile ripensamento dei padroni di casa. No ci’à nisciunu in chistu locu? Ripete alzando la voce l’omu di mezu. Dopo qualche minuto di forzata attesa, finalmente la “ghjanna” dello stazzo sembra dare segni di movimento. Una volta levato “lu felmu di la ghjanna”, il capofamiglia mettendosi “lu simbreri” sulla testa e ponendosi in spalla “l’alchibusu”, “esci infuàtu”, quasi infastidito, “a lu ghjannìli”, sulla soglia di casa. In questo modo accoglie “li stragni” in modo burbero, fingendo di essere molto infastidito, ma, naturalmente, è tutta una messa in scena per far spendere energie all’altra parte. “L’omu di mezu da la palti di l’omu” è un poeta “di la cussogghja” vicina che conosce bene entrambe le famiglie e che quindi si darà da fare per omaggiare le doti della futura sposa ingrandendo però quelle del contendente in modo da farlo piacere al capofamiglia Pitrìnu che lotterà fino alla fine per metterlo alla prova. E così dopo uno scambio di battute, molte delle quali in rima, si arriva ad un compromesso: “lu coiu è fattu, è pattuìtu”. Non osi nessuno venir meno a questo accordo! Finalmente Dorotea viene portata dal padre all’esterno e viene mostrata agli ospiti con tanto orgoglio da parte sua. Da “li cussugghjali” accorsi si levano urla di gioia, rumorosi applausi e spari di fucile in alto in segno di vittoria. In questo modo il capofamiglia ha accordato il matrimonio e ha ceduto al suo futuro genero la mano tanto attesa di sua figlia.
Anna Maria Giagheddu
Anna Maria Giagheddu